Omelia per le esequie

di S. E. Rev.ma

Monsignor Giuseppe Agostino

Arcivescovo emerito di Cosenza-Bisignano

 Cattedrale di Cosenza

Martedì, 25 marzo 2014

 La morte di un uomo, di ogni uomo, è sempre un lacerante interrogativo: uomo, chi sei, qual è il tuo destino ?

La morte di un cristiano, già morto con Cristo nel battesimo, ripropone, certo, l’angosciata domanda, ma le dà anche nella fede e nel gemito della speranza, l’esultante risposta.

La morte di un Vescovo, pur nell’umiltà e nella solitudine del trapasso, è qualcosa di più: essa svela, in pienezza, il mistero della Chiesa pellegrina, quella Chiesa che, tra le tentazioni e le tribolazioni del cammino, è sostenuta dalla forza della Grazia di Dio, finchè attraverso la Croce giunga alla Luce che non ha tramonto.

Per questo venerati confratelli nell’episcopato, siamo qui riuniti in una unica celebrazione eucaristica con i sacerdoti ed i fedeli della santa Chiesa di Cosenza-Bisignano, che si conferma commossa per dare l’ultimo addio al suo amato Padre e Pastore e per riscoprire attraverso di lui il suo vero volto ed il suo esaltante destino.

Nell’ultimo nostro incontro il 20 marzo, nonostante la sua malferma salute, non ha voluto mancare alla celebrazione del mio quindicesimo anniversario di ordinazione episcopale, incontrando per l’ultima volta quasi tutti i nostri, i suoi sacerdoti alzando con me la sua mano benedicente con un gesto che voleva indicarci il cammino.

Poi, ritirandosi nel silenzio, e nella solitudine della sua casa si preparò all’incontro con il suo Signore. Noi siamo qui per raccogliere quel suo gesto, per custodire il suo messaggio, per non disperdere lungo la via la speranza e la forza che Egli ci ha trasmesso, per non rallentare, stanchi, i nostri passi sulla via della ripresa della nostra Chiesa che egli ha preparato crocifisso appassionato, in alcune ore difficili della nostra storia recente.

Non gli mancò certo la consolazione della madre, che da bambino nella sua Reggio ha venerato! Ella ha sempre guidato i suoi passi di figlio innamorato ed è circostanza provvidenziale ascoltare nella solennità dell’Annunciazione del Signore la Parola che ci ha aperto lo sguardo sull’agire di Dio nella scelta dei suoi collaboratori, Maria è la prima.

Uno sguardo, una richiesta, una piena disponibilità. E’ storia di ogni vocazione lo sguardo di Dio che scruta nel cuore dell’uomo.

In Maria si compiace di trovarlo senza alcuna opacità di orgoglio “quia respexit umilitate  ancillae suae”.

Un cuore disponibile ad accogliere la Parola e poi fecondarla nel suo grembo per opera dello Spirito Santo. L’ Ecce dell’umile figlia di Sion la fa la prima sua collaboratrice nell’opera della salvezza. Lo sguardo di Dio è sempre uno sguardo d’amore “intuitus eum dilexit”.

Negli anni dell’odio e della violenza che generarono morte e distruzione questo sgurado del Signore incrociò un giovanetto figlio di una famiglia semplice e laboriosa che fu felice di affidarlo al santo Vescovo Enrico Montalbetti, martire dell’inutile strage.

Il Vescovo, che visse nei cinque anni del suo episcopato la passione per i giovani comprese i talenti del giovane Giuseppe e lo seguì con particolare cura. Furono gli anni fecondi della sua formazione accompagnati in particolare dalla presenza del suo padre spirituale il Santo Gaetano Catanoso. Arrivato a Reggio il giovane arcivescovo di appena 38 anni, il cosentino e dotto Antonio Lanza, completò l’opera formativa del chierico Giuseppe, inviandolo a Roma per concludere gli studi e laurearsi in utroque iure.

Non ebbe il tempo di godere della sua ricca e dotta preparazione del giovane sacerdote perché, per un improvviso e tragico malore, a soli 45 anni monsignor Lanza tornò alla casa del Padre.

Reggio sconsolata per la scomparsa di due giovani vescovi nell’arco di undici anni accoglie colui che sarà per 27 anni l’angelo tutore, monsignor Giovanni Ferro, che fu “nessuno così Padre” per il giovane sacerdote padre Agostino, così fu sempre chiamato dai suoi reggini.

L’Arcivescovo Ferro venuto dal nord, ma da subito inserito nella cultura e nella storia della nostra terra!

Padre Agostino per circa venticinque anni nei vari incarichi ricoperti parroco, vicario giudiziale, delegato azione cattolica, direttore ufficio pastorale familiare, vicario generale, gli fu accanto con intelligente e docile collaborazione.

Sono gli anni della sua piena maturazione sacerdotale.

La nomina di ad Arcivescovo di Crotone, Santa Severina e Cariati, è il naturale epilogo di questo intenso e proficuo apostolato accanto al Vescovo Giovanni, apostolo infaticabile e padre provvido della sua Chiesa e dell’intera Calabria, per i lunghi anni del suo servizio episcopale.

Nella diocesi affidatagli dal ven.le Paolo VI per 25 anni ha profuso la ricchezza di un animo nobile, che alla vasta dottrina univa una paternità amabile ed una pastorale illuminata ed incisiva. Presente con passione e zelo a tutti gli avvenimenti ecclesiali e sociali per i suoi interventi e decisivi a difesa del lavoro e ancora oggi ricordato come il vescovo dei lavoratori. Ma l’azione pastorale che ha certamente segnato il suo episcopato fu la formazione di un clero preparato e adeguato ai tempi, di un mondo che cambiando poneva nuovi problemi anche alla Chiesa.

Da questo clero, curato con paterna sollecitudine ebbe la gioia di ordinare o di partecipare all’ordinazione episcopale di ben quattro figli oggi presenti attorno alla sua salma, monsignor Bregantini, monsignor Graziani, monsignor Staglianò e monsignor Cantafora.

Certamente gli costò molto il suo trasloco a Cosenza nel lasciare una famiglia così amata e che portò fino nel cuore alle ultime ore della sua vita “ho amato nel profondo – scrive nel suo testamento – la Chiesa diocesana di Crotone-Santa Severina”.

Accogliendo la volontà del beato Giovanni Paolo II di proseguire il suo servizio episcopale alla Chiesa di Cosenza-Bisignano “chiesa ricca di fermenti e di non pochi problemi”, come scrive ancora nel testamento “allarga gli spazi del suo amore” affrontando i non pochi problemi e arricchendo i fermenti che rendono vivace e feconda la vita che pulsa nei diversi settori della vita pubblica, della società civile, della cultura e particolarmente della vita ecclesiale. Sempre presente ed attento alle dinamiche che segnano lo sviluppo dei diversi settori della sua gente, né difende la dignità, la cultura e la storia da tutti i fenomeni che inesorabilmente potrebbero ostacolare o ritardare questo sviluppo.

Sono interventi dottrinali di ampio respiro che preparano il documento per tutta la Chiesa italiana da lui elaborato. In Calabria si fa voce possente e chiara contro la presenza del fenomeno mafioso e di società segrete ad esso collegate. Nella sua opera costante di evangelizzazione per la promozione dell’uomo, di tutto l’uomo, assieme al limpido e dotto annuncio della Parola che salva, lo sforzo di purificazione della religiosità popolare, una fides incoata che la vede attento a ciò che è arricchente da accogliere e scorie da cui liberarla.

In Calabria ed in Italia i suoi studi sull’argomento lo fanno indicare come il teologo ed il pastore più preparato su questo argomento.

Anche a Cosenza il suo assillo quotidiano per la formazione del clero. La scelta di aprire in diocesi il Seminario Maggiore fu sofferta e da molti non capita. Ha una idea di fondo buona: il Vescovo deve seguire passo passo i suoi futuri preti, conoscendoli e plasmandoli.

Da emerito la scelta di stare nella palazzina accanto al Seminario e fino a quando ha potuto incontrando i seminaristi settimanalmente, celebrando con loro l’Eucarestia e dettando la meditazione.

Padre amatissimo, venendo a Cosenza dalla verde Irpinia mi confortava il pensiero di aver accanto un confratello Vescovo che per molti anni avevo conosciuto e ammirato, fin dal 1951 quando nella Chiesetta di S. Anna ho servito una delle sue prime messe.

Abbiamo condiviso fin dall’inizio gioie e sofferenze. Entrando nel mistero della Sua vita ho capito che la Croce ha accompagnato tanta parte del suo ministero anche quando non ce l’ha dato ad intendere. Ma è proprio nel martirio di un Vescovo che si comprende la fecondità del suo amore. Allora sì che gli spazi si dilatano.

Di questo amore ci hai arricchiti, la tua bontà ci ha fatto crescere. Padre amatissimo ora che ci hai lasciati non è retorica dire che avvertiamo la tua mancanza, ricerchiamo il tuo volto, aspettiamo la tua protezione.

Addio, dunque, caro Padre, amato pastore, te lo dico a nome di tanti sacerdoti di Cosenza, di Crotone, che hai ordinato e che hai educato, te lo dico a nome della tua Reggio, della tua Crotone, qui presenti in affettuosa rappresentanza ma te lo dico soprattutto in nome di questa nostra Cosenza che qui commossa intorno a te per dirti l’ultima volta grazie e perdonare, a rinnovare l’umile impegno di generosa fedeltà, di testimonianza coraggiosa di ardente e diffusa carità.

Ti accolgano festosi i nostri Santi .

Benedici i tuoi cari familiari, e suor Pierluigia che in questi anni ti è stata sorella attente e provvidenziale custode.

                                                                                                                  + Salvatore Nunnari

Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano