La Chiesa ospedale da campo


Il messaggio di papa Francesco per la 22ª Giornata mondiale del malato (11 febbraio) propone l’intreccio fecondo tra fede e amore. Solo la fede illumina il dolore. La Chiesa esprime il suo “volto” materno e missionario se esce dai recinti e si prende cura delle persone ferite.

In occasione della 22ª Giornata mondiale del malato, che quest’anno ha come tema Fede e carità: “Anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli” (1Gv 3,16), papa Francesco si rivolge in modo particolare alle persone malate nelle quali la Chiesa riconosce una speciale presenza di Cristo sofferente. È lui che porta insieme con loro il peso della sofferenza e ne rivela il senso, dona speranza, illuminando la notte del dolore con la sua luce pasquale e infonde coraggio per affrontare l’esperienza della malattia in sua compagnia. Nel nostro vivere in Cristo, e “con-formarci” a lui, la sofferenza è vinta dall’interno e il suo senso di assurdità viene superato attraversandola insieme con lui, perché è lui che la vive in noi trasformandola in amore che redime.1 Il Figlio di Dio fatto uomo non ha tolto dall’esperienza umana la malattia e la sofferenza ma, assumendole in sé, le ha trasformate: da esperienze nelle quali siamo tentati di ribellarci, di dubitare dell’amore di Dio e di allontanarci da lui a “opportunità” di esprimere un amore obbediente e una vita donata agli altri; da esperienze nelle quali siamo tentati di passare oltre a incontri nei quali possiamo donare attenzione e cura. «Come il Padre ha donato il Figlio per amore, e il Figlio ha donato se stesso per lo stesso amore – ci ricorda papa Francesco –, anche noi possiamo amare gli altri come Dio ha amato noi, dando la vita per i fratelli».

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